Mettersi in proprio dopo un licenziamento 

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Come trasformare in opportunità uno stato di crisi 

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Perdere il lavoro in questo momento storico può far mancare la terra sotto i piedi. Domandiamoci però se mettersi in proprio dopo il licenziamento non possa essere una valida strada alternativa al posto fisso. Una strada, globalmente piuttosto frequentata, che in molti hanno iniziato a percorrere durante i mesi di pandemia. 

Il lavoro freelance può migliorare la qualità della vita

Il report Freelance Forward 2021 pubblicato su Upwork ci descrive la situazione negli USA, dove circa un terzo dei lavoratori ha scelto la via della professione autonoma. Rappresentativo, in questo senso, il  fenomeno della Great Resignation: le dimissioni di massa di chi ha rinunciato all’impiego fisso per migliorare la propria qualità della vita, inseguendo quel diritto al perseguimento della felicità tutto americano.  

Tutto americano sì, ma non solo americano: anche in Italia il trend sembra essere quello dettato dalla Yolo Economy (you only live once – si vive una volta sola); si ambisce a lavorare in modo più flessibile, in linea con le proprie attitudini e i propri princìpi e il lavoro freelance risponde pienamente a queste esigenze.

La motivazione e il giusto mindset 

mettersi in proprio dopo un licenziamento

Anche se non hai scelto tu di lasciare il lavoro e hai dovuto accettare passivamente una situazione imposta, ora puoi decidere di riprendere in mano le redini della tua vita lavorativa:

  • Guarda a questa sfida come a un’opportunità : non percepire lo stipendio fisso a fine mese preoccupa certo, ma significa anche darsi la possibilità di guadagnare di più, di porsi mese dopo mese obiettivi economici ambiziosi
  • Non perdere di vista il focus: concentrati sul tuo obiettivo e orienta su quello tutte le tue scelte. Sappi bene cosa fai e perché lo fai; ti servirà come bussola e per costruire la giusta strategia di comunicazione

L’anticipo della Naspi 

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Cogli il vantaggio che c’è nella tua situazione di disoccupato – sì esatto, un vantaggio – e che può farti passare da una circostanza sfavorevole a una situazione favorevole: la possibilità di chiedere l’anticipo della Naspi, ovvero l’accredito in un’unica soluzione della cifra che spetterebbe, diluita mensilmente, come indennità di disoccupazione. 

Se sceglierai questa soluzione, ti ritroverai con una buona somma da investire nell’avviamento della tua attività freelance. Attenzione, è una scelta da cui non conviene tornare indietro: non dovrai lavorare come dipendente per i successivi due anni, pena la restituzione della somma avuta. La forte motivazione è imprescindibile.

Il regime forfettario

Un aspetto che può spaventare è la questione delle tasse. Anche in questo caso però hai l’opportunità di usufruire di un regime fiscale agevolato, che prevede l’aliquota del 15% sull’imponibile e che per i primi 5 anni, per chi avvia una nuova attività, è addirittura al 5%. Avrai inoltre un vantaggio su altri tuoi competitor poiché non dovrai applicare l’Iva alle tue fatture; questo ti permetterà di proporre i tuoi servizi a prezzi competitivi.

Il tetto di ricavi per restare in questo regime agevolato è di 65.000 euro annui. Perfetto per chi sceglie di diventare freelance. 

Vale la pena mettersi in proprio dopo un licenziamento?

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Il mondo del lavoro è cambiato, sta cambiando e cambierà. Chi sarà in grado di sviluppare la flessibilità cognitiva potrà raccogliere grandissime soddisfazioni da quella lavorativa.

E quindi, vale la pena mettersi in proprio dopo un licenziamento? Certamente sì,  ma solo a patto di interpretare questa scelta non come un salto nel vuoto ma come un balzo sul gradino più alto.

Ha collaborato: Ilaria Cappelli

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